Langhe, Roero e Monferrato
Lavoro, odore di mosto, raccolta dell’uva, vino, vendemmia. Chiese, castelli, cantine vinicole, trattorie storiche e ristoranti stellati, allevamenti di api, resort di lusso, fattorie. In Piemonte tutto sembra generarsi dalla cura del passato. La memoria, questo suo motore infaticabile, conserva intatte alcune pratiche e ne trasforma altre in piccoli avamposti della modernità.
La stessa terra piemontese, è terra di memoria. Quella di un mare che occupava questa regione migliaia di anni fa, per esempio: è nell’arenaria che gli uomini e le donne del Monferrato hanno scavato nei secoli gli infernòt, quelle cantine dove si conservavano salumi, vino e formaggi e dove ci si incontrava la sera. C’è la memoria dell’ingegno e della creatività vinicola, quella dei campi modellati ad arte, dei ciabòt nelle Langhe, della cucina regionale. C’è infine la memoria di eventi tormentati e storie violente, di cui Fenoglio fu testimone e narratore sincero, che forse hanno condito di malinconia l’entusiasmo ruvido degli abitanti del basso Piemonte.
Dal 2015 mi sono riavvicinato a questi luoghi, in particolare alle zone di Langhe, Roero e Monferrato. E’ stato un accostarsi discreto e meticoloso, sia a livello personale che fotografico: ne è emerso il ritmo nascosto delle campagne, solo apparentemente disordinato, e la musica che resta appesa tra le colline dopo il passaggio di un trattore tra i filari. Così, mentre prendevo contatto con paesi, volti e consuetudini, mi sono accorto del loro rinnovato vigore e delle precise ragioni per cui quest’area – con tutte le sue differenze (la compostezza delle Langhe, il Monferrato più genuino e non ancora deformato dalla monocultura) è oggi tra i patrimoni mondiali riconosciuti dall’Unesco.
Ho deciso di avvicinarmi alle persone e a ciò che da sempre le lega alla terra: il lavoro. Non è semplice, serve tempo, sono storie lente. Non fanno notizia.
Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.
(Cesare Pavese, La luna e i falò, 1950)